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Il mostro mangia ricordi

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Io non ho ricordi. Il mostro-mangia-ricordi viene ogni sera a portarli via. Ha mani belle, il mostro. Indossa una camicia bianca, di marca Kalvin Klein, dai polsini inamidati, grossi, dritti e spessi, come quelli del mago Silvan. Ha gemelli d’oro, appariscenti.

Si, il mostro dei ricordi non è che abbia tutto questo gusto nel vestire.

Viene di notte, mentre dormo. Poggia le sue mani curate sulla mia fronte, i pollici uniti nel bel mezzo del lobo frontale, i polpastrelli che delicatamente cingono ambo i lati della mia testa inerte. Faccio finta di dormire, non si sa’ mai si offende a trovarmi sveglio e poi deve ripassare. Si concentra un attimo, recita una filastrocca e come per magia, come farebbe Silvan in uno dei suoi trucchi, fa svanire i ricordi, senza lasciare in cambio non dico un coniglio bianco, una colomba, ma nemmeno un mazzo di fiori finti. In un attimo, notte dopo notte, i miei ricordi sono spariti per sempre, senza una logica ben precisa, a poco a poco, a macchia di leopardo, lasciando ampi vuoti e sprazzi di memoria confusa che non ti ci imburri neanche una fetta biscottata.

Io ai miei ricordi ci ero abbastanza affezionato, che ce li avevo che ero davvero piccolo, almeno rispetto ad adesso. **Se cerco di ricordare i mie ricordi, ora, ci metto davvero poco.

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Uno dei più vivi è quello del corridoio di casa. Avrò avuto quattro anni. La luce è scarsa, sono pressappoco le 5.30 del mattino e piango, braccia conserte sul muro, occhi nascosti sui polsi, come se stessi facendo la conta a nascondino, piedi che scalciano il pavimento, voce rotta e gracchiante che lamenta la mia insana, smodata, infantile voglia di andare a lavoro con mio padre, all’Italsider di Taranto e gli dico che è cattivo perché non capisco il motivo per cui non mi ci può portare.

Quella è stata l’ultima volta che ho avuto così tanta voglia di andare a lavoro e pensare che non dovevo neanche cercarlo, adesso invece sono alla ricerca di lavoro!  L’altro ricordo risale a qualche anno più tardi ed è il rumore del pallone che si frange contro la serranda del garage sotto il palazzo dove abitavo e le conseguenti, furiose lamentele dei vicini. Sono le tre di pomeriggio in una assolata estate pugliese. A quell’ora, al sud, si riposa.

Perché proprio questi ricordi e non altri mi chiedo? Ogni notte mi propongo di informarmi presso il mostro-mangia-ricordi perché abbia deciso di lasciare queste immagini nella mia mente, ma ogni notte ho paura di disturbare, di interrompere il suo lavoro, che poi lo fa male e mi lascia il ricordo della prima comunione o, se fossi stato ebreo, del bar mitzvah, che sarebbe stato, a dire il vero, molto peggio.

Perché allora, continuo a chiedermi, non ho memoria, ad esempio, dell‘ultima coppa dei campioni vinta dall’Inter? O della prima volta che mi sono innamorato? Perché non della prima volta che ho fatto l’amore? Che fortunatamente, queste due evenienze, non dovrebbero coincidere quasi mai, almeno augurerei così, ad ogni uomo. Sarebbe stato troppo imbarazzante dover confidare alla persona che sia ama, in un modo che sia ama solo da ragazzini, di essere un pessimo amante, anzi di non essere nemmeno in potenza un eventuale amante, perché non si sa come fare, o meglio lo si sa solo per interposta persona, per i racconti, finti, degli amici che millantano di averlo già fatto, o grazie ad immagini rubate da fogli di giornalini sgualciti trovati nascosti nel prefabbricato difronte scuola. Allora, non esisteva mica internet!

I più fortunati tra i ragazzini del mio quartiere avevano in mente le foglie di alloro della corona di Cicciolina e pensavano che fare sesso fosse più o meno come quando la mamma cuoceva il fegato alla veneziana: un cattivo odore di interiora, del molliccio e della carne poco cotta in bella vista, con contorno di cipolle. Ad oggi, ripensandoci, non è che avessero poi troppo torto.

Quanto sarebbe stato umiliante confidare, ad una ragazzina bionda, smorfiosa, dalla lingua biforcuta e pesantemente imbellettata con i trucchi rubati alla sorella maggiore, che si era vergini, in un epoca, gli anni ’90, in cui bastava un jeans della marca sbagliata o il gel non extra-extra-strong tra i capelli a rovinarti la reputazione per sempre. Penso che anche per me sia andata più o meno così.

Penso, non ricordo.

Continuo ad aspettare, ogni notte, nel dormiveglia, che il mostro-mangia-ricordi ritorni, in modo che possa chiedergli di barattare i ricordi che ho con dei ricordi nuovi, ma il mostro non si presenta all’appello da tantissimo tempo, non ricordo più da quanto.

Sarà che non tornerà mai più? Avrà capito che tutto quello che può prendermi adesso non varrebbe quanto un singolo ricordo di quando ero bambino?

Mi hanno detto che ora i cinesi hanno imparato anche a rifare i ricordi, proprio come quelli nostri, ed offrono un vasto catalogo. Si, sono fatti di materiali un po’ più scadenti, a luglio prendono fuoco per autocombustione e puzzano anche un po’ ma alla fine, se chiudi gli occhi, sembrano proprio veri.

Basta non chiedere la garanzia tanto i pezzi di ricambio non si trovano. In questo sono proprio uguali a quelli originali.

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