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Amori in ostaggio

ostaggio

Mi ricordo quell’estate quando ci fu l’assalto delle cavallette. Cioè, a dire il vero, da quattro o cinque anni a questa parte c’è sempre un assalto di cavallette o di api o di falene o di altri insetti la cui caratteristica principale è quella di volare e di essere brutti, ma davvero brutti, talmente brutti da far paura alla mia fidanzata. E ce ne vuole per far paura alla mia fidanzata. Mi ricordo, dicevo, di quell’estate in cui fummo tutti ostaggio delle cavallette. Le cavallette, o locuste, non ricordo bene, in quell’estate, erano davvero un problema, ma un problema serio che la sera, per uscire, bisognava preventivamente stilare un piano dettagliato degli spostamenti e questo piano necessitava dell’approvazione della mia fidanzata, altrimenti nulla, si rimaneva a casa.

Ricordo che le cavallette, all’epoca, erano un gettonatissimo argomento di discussione, condiviso e trasversale, qualcosa tipo Facebook adesso. Siccome non c’era scampo alle cavallette, che sembravano milioni e forse erano milioni, ma alla mia fidanzata dicevo che erano solo centinaia di migliaia, per tranquillizzarla, dovetti inventarmi che bastava evitare i luoghi ampiamente illuminati per riuscire ad evitarle. Cioè, la teoria, per quanto fosse totalmente inventata, aveva il suo fondamento nel fatto che con scarsa illuminazione la mia fidanzata avrebbe avuto maggiore difficoltà a vederle, le cavallette. Per questo motivo andavamo in giro in macchina a fari spenti e finestrini sigillati.

Sì, erano un grosso problema le cavallette, all’epoca, non so se si è capito, un problema talmente grosso che valeva la pena rischiar la vita.

Di giorno, invece, andavamo al mare e prendevamo il pedalò e ci passavamo sopra tutta la giornata. Attraccavamo a non meno di trecentocinquanta metri dalla riva perché la mia fidanzata aveva sentito dire da sua cugina, che glielo aveva detto il fidanzato, il fidanzato della cugina della mia fidanzata, che le cavallette non riuscivano a fare più di nove salti di trenta metri l’uno quindi, pur ammettendo che potessero saltare sull’acqua, e questo era tutto da dimostrare, a trecentocinquanta metri dalla riva potevamo stare tranquilli che nessuna cavalletta sarebbe potuta arrivare fin lì. Per una maggiore tranquillità della mia fidanzata io passavo la giornata a pescare ed imbarcare, a mani nude, delle meduse, delle gigantesche meduse, le più grosse che riuscissi a trovare nei paraggi. Infatti, nell’eventualità che fossimo al cospetto di cavallette mutanti in grado di surclassare le previsioni del fidanzato della cugina della mia fidanzata, a detta del marito della sorella del nipote del gestore del lido “Il Gabbiano”, era bene costruire, per sicurezza, una insormontabile barriera fatta di meduse ammucchiate, disposte tutt’intorno ai bordi del pedalò, una barriera che fosse anche a prova di pirata somalo, non si sa mai, ché le cavallette erano indubbiamente indispettite dalla sostanza urticante secreta dall’animale planctonico e sarebbero state alla larga. Certo, la sorella del nipote del gestore del lido “Il Gabbiano” non aveva utilizzato la perifrasi “sostanza urticante secreta dall’animale planctonico” ma, tutto sommato, la storia stava benissimo in piedi.

Insomma, per quanto le cavallette, quell’estate lì, costituissero un serio problema, e dessero parecchio da fare a fidanzati e mariti, nei momenti di buco riuscivo anche a godermi le vacanze, con una certa serenità. Il vero problema sorse quando qualcuno, al TG regionale, disse che quelle non erano cavallette, bensì locuste e la mia fidanzata, disinnescata la paura delle cavallette, iniziò ad avere paura delle locuste che, detto tra noi, anche a me fanno più paura delle cavallette, sarà per colpa del catechismo.

(foto di Christopher Saccaro, vai all’originale)

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