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Certe mattine sul bus

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Sul bus che prendo per andare a lavoro, certe mattine, sale una ragazza, una ragazza che va all’università penso. Certe mattine ha i capelli legati in una coda, certe altre no, sciolti e castani sulle spalle. Certe mattine, la ragazza del bus, è vestita di nero, certe altre no. Ha maglioni di lana dal collo alto e largo, bianchi o viola o castani, come i capelli. La lana dei maglioni le stringe le robuste braccia, braccia ercoline con cui si regge agli appositi sostegni, certe mattine. Certe altre mattine, la ragazza del bus, non ha neanche necessità di reggersi, con le forti braccia campagnole, ché ha un culo bilanciatissimo e le tette tornitissime che le regalano, insieme al culo, un invidiabile baricentro, un baricentro come un terzino basco dell’Atletico Bilbao. In compenso, oltre al baricentro basco, la ragazza del bus, ha anche una postura elegantissima, elegantissima come può essere quella di un attaccante ivoriano del Chelsea, una postura elegantissima e anche funzionale al tragitto di curve e tornanti che ci portano su in città. Quando si dice unire l’utile al dilettevole.

Quella ragazza, la ragazza del bus, scende insieme alle altre ragazze, alla fermate delle ragazze universitarie. Io scendo due fermate dopo, alla fermata di quelli che vanno a lavoro. Io vorrei tanto scendere a quella fermata e penso che un giorno lo farò.

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